Non ho tatuaggi. Nemmeno uno. Nemmeno un piccolo, microscopico, insospettabile tatuaggio, nascosto in qualche regione recondita del mio corpo. Ogni tanto, nei momenti di minor concentrazione, questa cosa balza fuori. Ma non è che sia un tema poi così ricorrente. Qualche volta, specie di recente, mi è capitato di parlarne con mio fratello, Salvatore. Che, proprio come il sottoscritto, non ne possiede nemmeno uno (almeno, che io sappia). Solo che, a differenza mia, sembra molto interessato ad invertire il "trend", ed è in procinto di tatuarsi (a detta sua) il braccio, interamente. Del tipo, o tutto, o niente. Non un simbolo astratto, o magari una frase. Tutto il braccio.
Certo, per quanto inesperto sul tema, so bene che la disputa sul fare uno o più tatuaggi, piuttosto che sul "dove" farli, sia piuttosto comune. Ne sento discutere di tanto in tanto, e nelle occasioni più svariate: talvolta mentre sono in pausa caffè, in mezzo a gruppi di colleghi, altre volte in treno, ascoltando senza volere, le conversazioni di altri passeggeri. Insomma, nulla di nuovo o di particolarmente sconvolgente. E' più che all'ordine del giorno.
Nonostante questo, ho potuto notare che le opinioni in merito siano le più disparate.
Nella mia famiglia è sempre stato visto come argomento taboo. Tematica paurosamente "borderline". Mi riferisco in particolar modo alla mia fase pre-adolescenziale. Guai soltanto a parlarne. Perfino commentare in maniera "favorevole" un tatuaggio, fosse questo relativo ad un attore, ad un personaggio del mondo dello Sport, o del figlio della vicina del cugino di terzo grado, ci avrebbe automaticamente (e misteriosamente) trasformati in membri affiliati al più spietato Clan della Yakuza. Etichettati, senza possibilità di appello.
Che poi, a dirla tutta, questo è un retaggio non certo esclusivo della mia famiglia. E' solo una tra le tante sfaccettature, del profondo "bigottismo" di questo paese. Ma non è che abbia poi inciso così tanto sulla mia scelta.
A maggior ragione dopo aver conseguito la maturità (in tutti i sensi), non ci ho mai dato troppo peso o importanza.
Anzi, per la verità, dovendo proprio dirla tutta, giusto qualche mese fa, in Primavera, mi sono recato presso un noto studio di tattoo della mia zona. L'ho fatto così, di puro impulso, incalzato in parte da precedenti conversazioni con amici, colleghi, ecc.
Avevo ipotizzato di potermi tatuare qualcosa che richiamasse in qualche modo la mia "particolare" fede calcistica.
Vagliando le alternative, avevo pensato successivamente di tatuarmi l'ideogramma giapponese (o forse è più corretto dire "kanji") della parola "TENSHI". Infine, avevo valutato pure di farmi tatuare una frase, qualcosa che fosse di effetto e relativamente personale (avrei scelto "LIFE IS TOO SHORT TO LAST LONG" da Bored to Death dei Blink-182). Insomma, avrei avuto senz'altro più di una opzione plausibile, ma di fatto, alla fine della fiera, l'indecisione ha avuto il sopravvento, ed è subentrata quella piccola particella di razionalità che c'è in me. Approfittando della situazione, quest'ultima ha saputo farsi strada, ridimensionando il mio impulso. E, sostanzialmente, convincendomi a fare retromarcia, addirittura prima di metter piede nel negozio. Niente da fare.
E' strano, perchè in genere, per questo tipo di scelte, specie quelle in cui è molto forte la presenza del mio istinto, non sono uno che tentenna. Certo, di base resto un tipo abbastanza "indeciso", ma quando so quello che voglio, tendo ad essere piuttosto diretto, senza indugi. E' possibile, non ne ho la certezza assoluta, che mi sia venuto in mente come avrei potuto reagire a distanza di dieci, o anche vent'anni. A come avrei potuto cambiare idea. All'eventuale senso di pentimento che ne potrebbe scaturire. Diciamoci la verità: non sono certo questi i presupposti per potersi fare un tatuaggio. Semmai il contrario. Essere sfiorati dal dubbio, ti fa capire di non essere predisposto a qualcosa del genere. O, semplicemente, di non essere ancora pronto.
Ho sempre osservato questo "mondo" da lontano, da una certa distanza anche, ed ho capito di saperne molto poco. Quasi niente, in realtà. Magari mi sbaglio, ma ho sentito dire che di norma ciascun tatuaggio abbia un suo speciale significato, e che lo stesso non vada necessariamente rivelato.
Tra quelli che sono prossimi a farsi il primo tatuaggio, e quelli che ne hanno due o tre, ma che, se potessero, tornerebbero indietro nel tempo perchè pentiti, diciamo che mi trovo in una specie di "limbo", da cui non so se uscirò mai. Forse non ne farò mai uno. O forse cambierò idea, e ne acquisirò maggiore consapevolezza, per poi farne uno. In fin dei conti, riflettendoci, la cosa potrebbe non fare alcuna differenza da un punto di vista sostanziale.
Il mio nome resterebbe comunque "Angelo", anche se non me lo facessi tatuare, con il suo equivalente in "kanji". E vogliamo parlare della mia fede calcistica? Del fatto che, nei pressi dell'Emirates Stadium vi sia una parete con su una placchetta (tra tante altre) che riporta il mio nome, cognome ed una dedica? Più indelebile di così?
A parte gli scherzi o le considerazioni più banali, esistono chiaramente significati molto più complessi, attribuiti a persone care, eventi particolari, momenti speciali. Esprimere i propri sentimenti per tutto questo, o provare a farlo, tramite un simbolo, una frase o un disegno da tatuarsi sulla pelle, è un modo legittimo di conferirgli importanza.
Ma non certo il solo. Nel mio caso specifico, e l'ho compreso crescendo, riesco almeno adesso a farlo in maniera diversa, ma del resto non così dissimile. L'esperienza, nel tempo, costituisce il primo filtro, quello essenziale. Le maglie sono larghe, nel bene e nel male, ci passa un po' di tutto. Ma questo non importa, non è influente. E non intaccherà il risultato. Man mano si andrà avanti, il filtro si assottiglierà, in maniera progressiva. La memoria, che per fortuna è selettiva, ne rappresenta l'ago, preciso e inesorabile.
Bagnandosi di inchiostro, procederà spedito, lasciando le sue tracce sulla pelle. E sarà per crearsi un varco, da cui farlo fluire, per andare sempre più a fondo, sempre di più. Fino a raggiungere il cuore, ove si poserà, per lasciarne il segno. I colori, impastati ai sogni, si ribellano, si accendono e prendono vita. Le ferite e le cicatrici rimaste sulla sua superficie, per quanto dolorose, avranno ancora di più un senso, ed uniranno i loro tratti, come a voler formare un unico disegno. Unico, complesso, eppure semplice, intrecciato di nomi, di momenti e delusioni, decorato da attimi di pura gioia, intriso di emozioni. Resisterà agli addii, e non si cancellerà. Continuerà ad espandersi, cambiando ancora nella forma e nel colore. Fin quando non avrò trovato la mia persona. Fin quando non sarà lei a trovare me. In modo da poterne incidere il nome. E tenerlo dentro me. Per sempre.
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